VENERDÌ 3 DICEMBRE 2021 16:38
 

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Lirica a Verona - Lucrezia Garcia, una nuova voce per l'Arena.

"il canto di agilità mi deriva dallo studio approfondito del violino"

(Lucrezia Garcia, foto Ennevi)

Lucrezia Garcia - soprano venezuelano già chiamata ad interpretare, nella passata edizione del Festival, il ruolo di Aida per alcune recite - ritorna quest’anno per ricoprire Aida (nella serata del 30 luglio) e debuttare come Abigaille nel “Nabucco” (27 luglio; 12 e 25 agosto). E’ una nuova promessa della lirica.

Una indicazione avvalorata dal fatto che - oltre ai successi ottenuti nel suo repertorio - mi ha colpito per l’averla sentita sul palcoscenico della Scala quest’anno  in una nuova produzione di “Attila”, esprimere con accenti guerrieri una sicura Odabella, e per l’impostazione di canto data al difficile ruolo di Abigaille a Verona. 

E’ apparentemente tranquillissima, senza spada e senza trono, quando chiedo: 

Lei è una cantante che predilige i ruoli verdiani di Aida, Attila, Nabucco?     

“Verdi ha una scrittura che si adatta perfettamente alla mia vocalità. Sento che con Verdi non devo nascondere la voce, né usarla in modo falso. Posso cantare con la voce che ho. Mi piace molto anche la musica, scritta col cuore.”

Ma ci sono altri compositori che hanno scritto col cuore, ad esempio Puccini...

“Sì, infatti farò qualcosa di Puccini che mi piace molto, “Tosca” o la “Manon Lescaut”. Altre opere pucciniane sono lontane per me. Non ho il colore per fare “Turandot”.”

Ha avuto già ingaggi per cantare queste opere?

“Sì, in Venezuela farò “Tosca” ad Ottobre.”

Prima volta in Arena, l’anno scorso. Problemi?

“Ero un po’ tesa perché non avevo fatto prove. Non sapevo come avrebbe  risposto  la voce e, soprattutto, il ritorno. Dopo le prime note ho capito che si poteva cantare senza problemi, data l’acustica buona. Allora è stata un’esperienza speciale.”       

Esistono, ovviamente, scuole di canto a Caracas: perché ha avuto un percorso variegato di studi, dal Venezuela alla Spagna?  

“Ho iniziato a suonare violino con l’Orchestra Sinfonica Giovanile di Caracas diretta da Gustavo Dudamel. In orchestra ho suonato “Carmen”, “Aida”, “Bohème”, “Nozze di Figaro”, “Barbiere”. Mi piaceva spesso accompagnare i cantanti con la mia voce. A quel punto , i colleghi musicisti mi hanno spinta allo studio del canto.”

“Dapprima in privato, con una insegnante bravissima, Rosita Del Castillo. Sonon uscita dal Venezuela con una borsa di studio che mi ha permesso di frequentare la Scuola Superiore di Musica Reina Sofia di Madrid. Ho studiato un anno con Alfredo Kraus e tre anni con Teresa Berganza. Sono stati entrambi carinissimi, in particolare ho lavorato molto con la Signora Berganza su Mozart e Rossini. Tuttavia il repertorio mozartiano e rossiniano non mi soddisfaceva. Nel 2005 ho conosciuto il maestro Vincenzo Spatola, tuttora il mio insegnante, che mi ha permesso di affrontare i ruoli che mi piacciono e come continuo a cantarli anche ora. Solo per le prove di “Attila” abbiamo lavorato un anno.”

Perché predilige il repertorio del soprano spinto?   

“Odabella e Abigaille mi calzano bene, non voglio essere presuntuosa, ma non sono difficili per me. Il soprano di agilità io lo penso come violinista e quindi non ho difficoltà, ho già la mente preparata. Suonare il violino per tanti anni mi ha dato la possibilità di affrontare il canto.”

Allora Le manca Lady Macbeth?

“E’ una partitura che sto studiando, forse sarà il mio prossimo debutto.”

Cosa Le affascina maggiormente, tra l'aver cantato in Arena e alla Scala? 

“In entrambi i teatri si sono esibiti tutti gli artisti più famosi. Alla Scala mi ha sempre affascinato quel sipario rosso, bellissimo, che si apre e si chiude. In Arena ci sono fenomeni che succedono solo qui: la notte, il vento, il pubblico disposto  ogni anno a ritornare.”

“Molta la mia gratitudine verso Verona e tutte le persone che hanno avuto fiducia in me: la Direzione artistica, l’Orchestra, il Coro.”

Torniamo ad Abigaille qui in Arena.

“Sono felice di cantare Abigaille in questo allestimento magnifico. Il Maestro Kovatchev è una meraviglia, la regia di de Bosio è attentissima al libretto e aiuta a dare forma ai personaggi.”

“Sognavo di cantare “Ben io t’invenni, o fatal scritto”. Abigaille è una donna sostanzialmente frustrata: è innamorata ma lui non la vuole, vuole un padre ma suo padre non è suo padre, vuole essere regina ma non le tocca la corona. Quindi diventa isterica e così  l'ha descritta Verdi.”

(foto Brescia e Amisano)

“Però Abigaille sente anche il dolore: “Anch’io dischiuso un giorno” è un momento di introspezione con se stessa.  Semplicemente, una donna innamorata e vuole quello che vorremo tutte: essere amate. Per lei non c’è posto, non ha famiglia, non ha amore. E’ un tema molto attuale, si ripete ogni giorno.”

I prossimi impegni continuano con “Attila” e “Aida”.

“Sì, a San Francisco e a Seattle, ma anche con “I Masnadieri”, a Napoli con il Maestro Luisotti.”

(intervista raccolta da roberto tirapelle)

Si ringrazia la Direzione Comunicazione della Fondazione Arena

Pubblicato in data 11/08/2011