De Lillo: “faccio film per il pubblico, ho bisogno di comunicare”.
“Femminile, singolare” è il viaggio del Festival attraverso il cinema europeo declinato al femminile. Fa parte di un progetto biennale che vuole mettere in luce le opere di alcune tra le registe più rappresentative di questo panorama che si sono affermate in questi anni sulla scena delle produzioni indipendenti e ai festival internazionali. L’iniziativa è stata completata inoltre con una selezione di cortometraggi, sempre al femminile, realizzati come film di diploma alle scuole di cinema europee che aderiscono al Cilect, curata in collaborazione con Milano Scuola di Cinema e Televisione – Fondazione SCM.
Più che parlare di Solveig Anspach (nella foto a sinistra)
, di padre americano e madre islandese, trasferitasi a Parigi per gli studi in filosofia e psicologia clinica, si laurea poi in cinema, indirizzo regia, alla Fémis, che ha portato a Bergamo ben 13 film; e di Jessica Hausner
(nella foto a destra), viennese, regista e sceneggiatrice, corsista di regia alla Filmakademie di Vienna, e a Bergamo si sono potuti vedere 6 film mentre sta ultimando la lavorazione di “Amour fou”. Più che parlare, dicevamo, delle due protagoniste straniere, ci soffermeremo su Antonietta De Lillo che ha presentato a Bergamo 15 film e con cui abbiamo scambiato qualche considerazione.
Originaria di Napoli, la De Lillo dopo la laurea a Bologna, lavora prima come giornalista e fotografa per alcune testate nazionali, poi come assistente operatore in produzioni televisive e cinematografiche. Infatti, quando inizia a girare il primo film, ha già un ottimo background sia per l’impostazione fotografica che registica.
Cominciamo dai videoritratti perché funzionano da base per seguire la sua evoluzione artistica: un’attenzione alle sperimentazioni e al linguaggio. Ma anche perché Antonietta De Lillo è stata tra i primi cineasti in Italia a cimentarsi in questo genere, a usare la voce e il racconto per girare il reale. Fin dal primo “Angelo Novi fotografo di scena” (1992),
in cui il protagonista dice: “riuscire a fermare una cosa che sta scomparendo. L’abbiamo fermata, l’abbiamo fermata…è tutto lì”. Testimoniare la memoria del nostro cinema, dal dopoguerra alla fine del Novecento, è la prima valenza del percorso di Antonietta De Lillo. Restituire, con gli scatti del fotografo sui set, le emozioni di trent’anni di cinema che altrimenti sarebbero cadute nell’oblio. E così via, con “Promessi Sposi” (1993), da cui emerge la storia di un cambiamento di sesso, da una scena fissa comincia a farsi largo un gioco di chiaroscuri, di primi piani, con l’uso di un bianco e nero ruvido. Così da “Ogni sedia ha il suo rumore” (1995), materiali girati per l’incontro con Alda Merini e poi rielaborato l’anno scorso con “La pazza della porta accanto” (2013),
viene restituito il fascino di una intelligenza fuori dagli schemi ma densa di autorevolezza. Ci sono poi i cortometraggi, i documentari e i film: un lungo lavoro per mettersi sempre in gioco.
Ecco che tra il suo esordio con “Una casa in bilico”(1986) - vincitore del Nastro d’Argento come migliore opera prima - molto lieve e ingenuo ma con una solidità narrativa che cresce per tutta la durata del film, e “Il resto di niente” (2004), uno dei lavori più importanti della De Lillo - tratto dal libro omonimo di Enzo Striano del 1986 - la storia della nobildonna portoghese Eleonora de Fonseca Pimentel e della rivoluzione napoletana del 1799, ci sono singole specificità, generi diversi ma una continuazione sul modo di comunicare. Antonietta De Lillo vuole avere la compartecipazione del pubblico, come ci spiega meglio nella nostra conversazione.
Dovrebbe essere soddisfatta... Bergamo la omaggia con una vasta produzione dei suoi film?
“Sono felicissima, anche perché purtroppo non conosco Bergamo. Ma questa fortuna è stata anche l’occasione per fare delle riflessioni sulla mia carriera, conoscere meglio come potrò lavorare in futuro.”
Mi sembra che nel suo lavoro Lei si sia per lo più focalizzata sulla sua terra di origine. Forse perché da Napoli crede di aprirsi al mondo. Infatti anche il suo film più importante “Il resto di niente” parte da una rivoluzione partenopea.
“Si, la sensazione è molto corretta. Adesso vivo a Roma, ma abito sempre a Napoli con la mia passione, i miei ricordi, l’ispirazione. Devo dire che Napoli è una città estrema nel bene e nel male, ha creato storia e raccontato storie. Quando giro un film, per essere sincera con me e il pubblico, devo lavorare sulla forma e sulla memoria, ho bisogno di conoscere bene le situazioni. Pertanto sono spesso partita dalla mia città.”

Ugualmente il suo primo film “Una casa in bilico” è ambientato a Roma ma si respira qualcosa d’altro. Inoltre in questo esordio ha avuto subito a disposizione del grandi attori e un famoso musicista! (int: Luigi Pistilli, Riccardo Cucciolla, Marina Vlady; mus: Franco Piersanti).
(nella foto, Antonietta De Lillo e Maria De Medeiros)
“E’ per la maggior parte girato in interni ma certamente nella sceneggiatura c’è un soffio che si ispira alla commedia di altri tempi. Sono stata subito fortunata con l’ingaggio del cast. L’eccellente resa degli interpreti ha valorizzato la sceneggiatura. E’ un film di piccoli gesti che contiene un importante vissuto e, tutto sommato, anche questa è una storia di ribellione.”
Ha sempre avuto la volontà di sperimentare, dal videoritratto al film.
“Ho sempre cercato di metter in gioco tecniche, generi diversi, fondamentalmente desidero fare della narrazione in modo ogni volta diverso però voglio anche riconquistare la tradizione per comunicarla agli altri, faccio lavori per il pubblico, non faccio sperimentazioni tanto per seguire le mode.”
E’ sempre stata produttrice?
“Praticamente sì, nel senso che all’inizio ho avviato la Angio Film, poi ho proseguito con Megaris e nel 2007 ho fondato la Marechiarofilm, tutte produzioni e distribuzioni indipendenti. Mi è sempre piaciuto lavorare non da sola. Per questo ho trovato con Giorgio Magliulo la persona che mi ha fatto conoscere il cinema e il suo mondo.”
Prossimi progetti?
Se non sballo prima, ho tre progetti in corso. Al primo sto lavorando in questi giorni ed è un nuovo film partecipato “Oggi insieme, domani anche”, una indagine sui sentimenti di oggi, sulle unioni e sulle separazioni. Il secondo è un documentario in post-produzione “Let’s Go” su un mio caro amico fotografo. E’ un viaggio dentro l’essere umano ma anche un viaggio attraverso l’Italia, tra Milano e Napoli. Il terzo è “Morta di soap”,
storia di un’attrice napoletana (Rita Giordano di “Un posto al sole”, il soap italiano più amato dagli italiani, nda) che per finzione deve morire uccisa da un camorrista, ma in realtà non aveva nessuna intenzione di perdere il suo posto al sole. Una morte mediatica”.
Sono commistioni di linguaggi diversi che trovano sempre nelle immagini l’essenza della storia e gli echi trasversali di Antonietta De Lillo.
Servizio e intervista di roberto tirapelle
(Si ringrazia Ada Tullo dell'Ufficio Stampa Locale)