Verona, Circolo Ufficiali
"Unde venimus?".
Nella storica ambientazione del Circolo Ufficiali a Castelvecchio, la curatrice Fiorenza Canestrari ("ApertoArte") e il noto gallerista di Innsbruck Bertrand Kass proseguono, per il terzo anno consecutivo, un' importante sinergia collaborativa dedicata ad artisti d'Oltralpe.
Un folto pubblico ha assistito entusiasta al grande evento che ha ricondotto con indiscusso successo a quella felice silloge tra tra pittura scultura ed intermezzo musicale che resta l'imprinting dei due curatori. Così che, benvenuto agli ospiti e presentazione degli artisti, collimano perfettamente, lasciandoci godere appieno lo spazio temporale dedicato alla musica d'atmosfera: il violino del giovanissimo talento Federico Sambugaro libera accordi di suadente maestria, dove l' interpretazione 'classica' si concede allo 'swing'...A Bertand Kass va riconosciuto il grandissimo merito – dato il difficile momento attuale – del fattivo interscambio espositivo con la Società delle Belle Arti (vogliamo ricordare come Verona non sia soltanto il tempio della lirica e protagonista della musica ma uno dei cardini di riferimento museale in Europa) e quel contesto ricco di tradizione culturale che unisce Svizzera, Austria, Germania e Lussemburgo (la terra d'origine del console Kass). Di certo, questo è l' ulteriore omaggio alla creatività di artisti famosi che considerano Verona (e, dunque, l'Italia) con partecipe interesse. Cinque gli autori, numerose le opere, per una suggestiva carrellata visuale:- Angelika Dahlhaus, Nicoletta Dermota, Peter Hauenstein, Aline Schenk, Peter Semperboni – uniti dal comune amore per l'arte, nell'intreccio della conoscenza reciproca. Con la risultante di una libertà espressiva che si rivolge ad un unico, armonioso procedere...
Dahlhaus. L'arte rupestre preistorica rivisitata in affascinante traslitterazione. Una galleria pittorica che scivola all'usura del tempo e delle mode, rieditando sapientemente stilemi ultramillenari che offrono, sull'architettonico pentagramma 'contemporaneo' di questa sensibilissima artista, un'eterna fonte d'ispirazione. Dalle grotte di Altamira, ai Balzi Rossi della costa provenzale, alle pareti lapidee e agli anfratti del deserto sahariano, a Babilonia, è la storia dei nostri atavici progenitori, della conquista del fuoco, della lotta primordiale per la sopravvivenza, del connubbio con gli animali, i veri compagni di caccia e di percorso migratorio verso nuove sedi, suggellata in rapido tragitto di segno, in quei graffiti che destano commozione e riflessione. “Di dove veniamo...A che cosa siamo destinati ?”. Angelika Dahlhaus ama ricordare un detto di Picasso (“L'Arte toglie la polvere della quotidianeità dell'anima ”), raccontando la sua Bibbia: in queste storie di uomini che restano sconosciuti al nostro frettoloso vivere ma che ci ammoniscono, con semplice bellezza, sulla profonda religiosità dell'Universo e sull'inquietudine del nostro divenire esistenziale...
Dermota. “Una donna dipinge tecnica...”. Astraendo poeticamente da forme tecnologiche – bobine e pezzi di macchinari di destinazione tessile – un intreccio delicato di linee e superfici: ecco l'anima trascendentale dei suoi acquerelli: “ ...dettagli e casualità che parlano del mio mondo esterno”. L'artista, fiorentina di nascita, approdata a Milano e viennese per scelta di studio, in questa produzione si avvicina all'universo 'maschile' del mondo della tecnica, coniugando con tocco di sapiente incisività il 'per gradus' di un'inconsueta fantasia creativa.... “parafrasi colorata di una materia grigia e fredda”... Cosicché, bilanceri e motori, pur mantenendo fede alla propria conformazione originaria, approdano a vita nuova. Richiamando alla memoria quegli scatti d'autore dove un grigio fondale si illumina grazie a un barlume a brillante cromia: goccia di vita pulsante, anima fertile e ricca d'ispirazione, destinata a non disperdersi nella nebulosa uniformità del 'girone' quotidiano.
Hauenstein. “ L'occhio interiore”, il dono della filosofia spirituale che suggerisce il rispetto per il Creato, è il leit-motiv della ispirazione pittorica di questo artista pedagogo, rivolta, con uguale predilezione, alla Natura (alberi e paesaggi) ai ritratti e all' astratto. Ricordi e memorie, profumi e sensazioni, riaccendono un 'dejà-veçu' intriso di pace nostalgica ma devoluto, secondo un afflato di indiscussa contemporaneità, alla costante ricerca di un dialogo con il Padre. Una 'Natura naturans' forte e rigogliosa nell'eterno suo rinnovarsi e riavvicinarsi all'Uomo. Alberi che tendono i loro rami all'infinita dimensione spirituale, paesaggi senza confini...Una medesima sete di conoscenza nell'espressività molteplice dei ritratti,: i volti pensosi, irati o dolcissimi, di un'umanità che s'interroga sul proprio destino. Hauenstein vigila sull'eterno moto della legge universale, focalizzandone gli aspetti salienti che informano il quotidiano. Così da rendere l'astratto (tra i temi prediletti per la corposa esperienza dell'autore nel campo della grafica) un incessante fluire metamorfico della Regola categoriale.
Schenk.. Di certo, questa giovane e brillante artista, maturando una scelta di vita dettata da coraggioso entusiasmo, sposa la pittura come libera espressività, spaziando dall'astratto informale al nudo. Catturando l'emozione di uno sguardo non frettoloso e guidando i nostri passi a scoprire via via i passaggi di una ricchezza ispirativa 'amorosa' in quei nudi già prediletti da Egon Schiele, che parlano di una femminilità ardente ma oltremodo composta nel suo 'classico' interiore. Sofferenza e rassegnazione, esplosione vitale ripiegata pudicamente su se stessa, il candore sacrale dei corpi rannicchiati, una 'mulier dolorosa' ignara dell'afflato di uno squarcio di luce vivificante (ruggine e Siena)... Di quella mano tesa, lasciata cadere nel vuoto...Ma l'élan vital trova ampio riscatto nelle grandi opere astratte, in una tridimensionalità avvolgente che schiude ad emozioni marmoree, pordfidate e cristalline....Vogliamo pensarli quali fondali marini incontaminati, superfici magmatiche di campi solari perduti nello spazio, o traccia di memoria mediterranea in antichi mosaici pavimentali....Qui, trionfa la luce, quella 'sacra rota' di assoluta purezza che fa vibrare l'anima.
Semperboni. Il prodigio della Natura, il suo manifestarsi misterioso e limpido secondo una scansione perfetta dalla notte dei tempi, il perchè immutato ed immutabile di sondare il proprio destino nel ricongiungersi alla grandezza divina. Un tracciato filosofale, tra immanenza e trascendenza, tra umiltà e infinito amore, indica nella produzione di Semperboni ('nomen omen'...) la solida radice del lascito steineriano: nel senso della preservazione dei valori morali che costituiscono il codice genetico su scala morale per l'uomo di oggi....Le sculture albastrine, classico simbolo di purezza canonica, assumono talora colorazione diversa: è la nota significativa testimone degli stati d'animo di un'umanità lacerata e affranta, nel cui cuore batte tremula la speranza di redenzione. Eppure, il timore di perdere del tutto la propria identità nel ricongiungimento totale con Dio sottolinea l'irrinunciabile simbolo della Fede assoluta che tende alla vera Pace... Così è l'Uomo, vulnerabile al Male che lo trasforma da vessato a carnefice. Infine, lasciandolo a se stesso, fragile, solo e tremante, allo spalancarsi dell'infinita dimensione di un universo sentito quasi irraggiungibile. E' il timore della Morte corporale, quell'horror vacui che lo piega tremante, infine, quasi una foglia al vento. Ma la infinita bontà di Dio, che si manifesta all'Uomo tramite le leggi universali (Fede, Speranza, Carità che preferiamo sottindendere, da veri noncuranti), opererà il miracolo...Liberando l'anima dalla schiavitù dell'espiazione...
Caterina Berardi
Pubblicato in data 09/05/2012