VENERDÌ 3 DICEMBRE 2021 16:41
 

Cinema

Speciale Venezia

Daniele Ciprì debutta da solo nella regia, con "E' stato il figlio".

Premio per il miglior contributo tecnico, alla fotografia, a Daniele Ciprì.   

Premio Marcello Mastroianni ad un giovane attore emergente: Fabrizio Falco.

 

 

 

 

 

 

 

Da anni sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore, autore di colonne sonore e regista, in coppia con Franco Maresco per i mitici corti di “Cinico TV” e per una decina di film nuovi, sperimentali, devianti (Lo zio di Brooklyn, Totò che visse due volte, Il ritorno di Cagliostro), eccolo ricominciare da solo, a 50 anni, con un coproduzione Italia-Francia Passione e Babe Films in collaborazione con Rai Cinema e Palomar - ma prodotto da Alessandra Acciai, Giorgio Magliulo - e con Carlo Degli Esposti.

Il film, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, tratto dal romanzo di Roberto Alajmo era troppo realistico per Ciprì e pertanto, con lo sceneggiatore Massimo Gaudioso e la collaborazione di Miriam Rizzo, è stata reinventata la storia: per trasformarla in una tragicommedia più vicina al modo di interpretare la Sicilia del regista.

Il film è ambientato a Palermo ma girato in Puglia per le agevolazioni previste dalla Film Commission. E le location sono dovute all’occhio sapiente di Marco Dentici, che – dichiara Ciprì - “è riuscito sempre a visualizzare le mie idee”.     

La fotografia, incandescente, con alcuni squarci di luce bianchi nel cielo che evocano un tempo remoto, arcaico - da crocefissione di Cristo - è di Daniele Ciprì.

  La storia della famiglia Ciraulo (Nicola/Toni Servillo, la moglie Loredana/Giselda Volodi, nonna Rosa/Aurora Quattrocchi, nonno Fonzio/Benedetto Ranelli, il figlio Tancredi/Fabrizio Falco) – un panorama di attori individuati da Lucille Cristaldi -  è tutta raccontata da Busu, un cantastorie interpretato da Alfredo Castro, un “amore a prima vista” per il regista.       

Abbiamo voluto condividere con l’Autore alcune considerazioni, per l’importanza di un film in Concorso e per il suo vero esordio.

Come aveva affermato ai tempi di  “Totò che visse due volte”, nel film c’è un forte sentimento, quello di chi si sente abbandonato, di una umanità affranta… Mi sembra di avvertire questa  intensa sensazione anche in “E’ stato il figlio”?

“C’è sicuramente la tragedia famigliare ma emergono molti altri aspetti. Anche la Chiesa non è illuminante ma ho voluto trasvolare, con la sola concessione della benedizione dell’auto da parte del parroco. Volevo far vivere, in immagini, una commedia assurda, far sorridere col dolore. Ricorda molto Cagliostro.”

I personaggi si muovono come in una favola astratta però raccontano una storia attualissima: il racconto si specchia nell’oggi. C’è un gioco di specchi. E’ d’accordo?

“E’ interessante, sostanzialmente sono d’accordo. Il libro è potentissimo, io ho ridimensionato il testo per creare una favola nera. Si parla di una misera famiglia italiana che ha alcuni connotati del paese in cui viviamo, c’è il gratta e vinci privo di riflessioni, l’unica cosa importante sono i soldi, ‘i piccioli’. Vorrebbero il riscatto economico, magari quando può derivare da lutto della piccola figlia. Poi c’è il panorama di gente senza scrupoli, l’usuraio al posto della banca.”

“Più amplifico il sorriso, più c’è aria di tragedia. Una sorta di Stanlio e Ollio, una cinema slapstick (nda) in Sicilia.”

Fa da sfondo al film, oltre alle peculiarità del precedente cinema di Ciprì/Maresco, una sorta di paesaggio pasoliniano: il coro degli attori recitano una triste metafora.       

“Indubbiamente non posso cancellare dalla mia formazione l’esperienza che ho fatto con Franco. Però il suo confronto con Pasolini mi rende orgoglioso. Il film è una palese metafora non solo su Palermo, la Sicilia, ma sull’Italia. Quando ho pensato al film volevo rappresentare l’anima di una città, quando penso per immagini vedo già le facce che devono interpretarle, disegno e scrivo con le immagini. Ad esempio la gestualità di Nicola/Toni Servillo mi ha ricordato quelli di un mio zio e di un mio padrino. Non potevo allontanarmi dal realismo del dialetto, era troppo evocativo. Sì, forse c’è un mix di tragedia greca e teatro dell’assurdo”.

Alla fine, chiedo, se la Sicilia e la sua Palermo la ama o non la ama?

“C’è un amore-odio. Ho dovuto allontanarmi da Palermo, ora vivo a Siracusa e mi sento molto meglio. La città mi ha un po’ tradito,  Palermo mi ha regalato, nella disperazione, bellissime esperienze ed emozioni. La voglio ricordare da lontano perché, quando ritorno, mi risucchia.”

 “Vede – continua Ciprì – papà Nicola/Toni Servillo che futuro ha dato al figlio? Nessun futuro, anzi tanto peggio, il dramma ha colpito sempre il figlio, l’anello più debole.  Io mi chiedo: che futuro posso dare a mio figlio!”

(intervista a cura di roberto tirapelle)

Si ringrazia Daniela Bendoni      

(nella foto, Fabrizio Falco)  

Pubblicato in data 10/09/2012