VENERDÌ 3 DICEMBRE 2021 16:46
 

Arte

Raimondo Lorenzetti

Pittura: nicchia dell'animo.

Si afferma sulla scena nazionale già dagli anni '980 – grazie al costante incoraggiamento di Aligi Sassu che, primo di una schiera di esperti di fama, comprende la potenzialità espressiva di quella pittura al pari intrisa di sofferenza e desiderio catarsico.

Lorenzetti rivolge all'arte sua un profondo senso di interiorità, perfezionando un sondaggio lacerante sull'agire, sul tragico ingranaggio del destino umano, tramite quell'inconfondibile gestualità compositiva illuminata dal colore - le campiture vivide e possenti dei grandi '500enteschi - che risulta al contempo estremamente composta...Il dispiegarsi narrativo, popolato di simboli – animali (irrinunciabili presenze, per l'Uomo) ed oggetti d'uso quotidiano - quale monito allegorico, affida ad un'opera spesso di grande formato il compito di risarcire emozioni e memorie andate perdute soltanto all'apparenza.

Sono, nell'inesauribile riproporsi del nostro procedere, proprio quelle esperienze non affrontate a pieno o le sensazioni così sovente taciute, a riafforare ancor più prepotenti.

Lo speculum veritatis - dal quale l'uomo forte e prevaricatore, dalla morale indifferente e sorda, schiacciato dai suoi stessi sensi di colpa mai estroflessi, continuerebbe a rifuggire - diviene anima riflettente di un contesto urbano dominato dagli stereotipi del consumismo oppure, bagliore ancor più accecante, di una possente, inconscia e inarrestabile riflessione offerta da uno squarcio paesistico che inneggia all' onirico... Dalla terra al cielo, dove il giallo sfuma nell'azzurro, poi intriso di cobalto: nell'infinita ricerca di sé, dove il pessimismo apre al diritto di fantasia – levitazione che è moto propulsore verso una spiritualità nuova, l'anima incontaminata -, continua ad indagare la mente, catapultandosi lungo la parabola ininterrotta dell'esistenza.  E, al culmine, vaga, dopo aver infranto il suggello alla recondita furia della propria ansia di riappartenersi, nonostante la tenue speranza di avvio.

Ecco sortire, finalmente capovolta, l'impalpabile traccia sabbiosa che scorre nel tronco di cono strozzato a mezzo della clessidra... Un volo radente, per l'Icaro che osa prendere sempre più quota, nella muta ricerca di rifugio - pur aleatorio contro gli affanni del quotidiano – porta all'Idea avvolgente e serica (desiderio di totale annullamento) o frastagliata (nonostante tutto, il volere ricomporre una faticosa traiettoria di vita) di una nuvola. Grido, eterno, immutato ed immutabile, cui risponde, sempre, la memoria percettiva di quel filo pendente, dal vuoto e per noi tutti, di un' inevitabile immanenza e la cui sottile estremità viene raccolta dalla mano innocente di un bimbo (custodia angelica così spesso bistrattata e negletta). Raimondo Lorenzetti, artista grandissimo e uomo altrettanto schivo, collocando nella nicchia dell'interiorizzazione i “suoi” personaggi immaginari – le sembianze statuarie e gli sguardi penetranti di un' umanità perfettamente iconica della nostra mal vocata nevrosi esistenziale -, instaura un patto di pietas armoniosa, operando in un margine contiguo tra pittura e...scultura. Dove la partitura “storica” (il tema figurativo) si innesta alla capacità evocatrice di un mondo riflesso in uno stato d'animo. E la sofferenza, violenta o passiva, tende alla redenzione.


Caterina Berardi

(riproduzione riservata)
 

Pubblicato in data 07/07/2011